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Pillole di conservazione

#40 – La porpora

Porpora è il nome di un’estesa gamma di tinte rosse che virano dal rosa intenso al viola. Nel mondo antico erano i Fenici i più rinomati produttori di questo colorante che esportavano traendone grandi profitti anche se recenti studi attestano produzioni dislocate in più località del bacino Mediterraneo. Alcuni molluschi gasteropodi (Murex brandaris Murex trunculus) pescati probabilmente per mezzo di ceste di vimini venivano deposti a spurgare in grandi vasche, si procedeva quindi alla rottura e all’eliminazione delle conchiglie e venivano fatti macerare per giorni con l’aggiunta di acqua salata quindi bolliti a lungo in contenitori di piombo. Il risultato finale di questo processo estremamente maleodorante era una tintura in cui si potevano immergere tessuti di lana o seta insieme a sostanze che servivano da mordente, soprattutto l’allume di rocca, ottenendo colorazioni più intense a seconda della durata o della ripetizione dell’immersione e soprattutto indelebili, infatti non sbiadivano per effetto della luce ma anzi acquistavano nuovi riflessi. Rari e preziosi i tessuti purpurei erano associati nel mondo antico alla regalità e alla dimensione del sacro e ancora oggi è il colore dei porporati ovvero dei cardinali. La tintura fissata su farina fossile veniva utilizzata in pittura come pigmento adatto a diverse tecniche ma non all’ affresco. In miniatura tingeva le pergamene di preziosi codici, cosiddetti codici purpurei, su cui si scriveva con inchiostro oro e argento. In cosmetica tingeva viso e labbra. La produzione decadde nel XV secolo e la porpora fu sostituta da varie miscele succedanee tanto che se ne dimenticò origine e metodo di produzione intuiti appena nel 1833 da Bartolomeo Bizio, un farmacista veneto appassionato di chimica.

Ultima modifica: 7 Ottobre 2020