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Archeologia e Paleontologia

Agli albori della caccia alle marmotte sull’Altopiano di Pradis

Un nuovo importante studio appena pubblicato dai ricercatori del MUSE – Museo delle Scienze e loro collaboratori sulla prestigiosa rivista Scientific Reports, svela le tecniche di caccia paleolitiche adottate dai nostri progenitori sapiens che ricolonizzarono l’Altopiano di Pradis, sulle Prealpi Carniche, dopo l’ultima grande glaciazione.

Tra le migliaia di reperti ossei analizzati (circa 12.000), provenienti dalle famose Grotte di Pradis, sono state individuate ossa di marmotta alpina conservanti tracce lasciate da una serie di shock violenti derivanti dall’impatto di antiche frecce. Che le marmotte venissero sfruttate per la pelliccia, la carne e il grasso già nel passato più profondo era un fatto assodato e documentato da numerosi siti archeologici alpini. Tuttavia una serie di questioni non avevano ancora risposta: come venivano cacciate? Tramite quali tecniche? Venivano utilizzate trappole o armi da lancio? E soprattutto, come dimostrarlo in modo scientifico?

Questi traumi sulle ossa, analizzati in alta microscopia presso i laboratori del MUSE e modelizzati in 3D dai colleghi dell’Università di Siena, hanno mostrato aspetto, forma e dimensioni coerenti con una serie di tracce e impatti prodotti sperimentalmente dai ricercatori durante delle sessioni di archeologia sperimentale. L’organizzazione di queste sessioni paleobalistiche, con l’utilizzo di riproduzioni di archi e frecce paleolitici, sono state necessarie per ricreare condizioni di caccia realistiche del tutto simili a quelle che con tutta probabilità dovevano esserci a Pradis circa 13.000 anni fa.

La ricerca è stata coordinata dal MUSE – Museo delle Scienze di Trento, nelle figure di Rossella Duches, Nicola Nannini e Alex Fontana, in collaborazione con Marco Peresani del Dipartimento di Studi Umanistici, Sezione di Scienze Preistoriche e Antropologiche dell’Università di Ferrara e Francesco Boschin e Jacopo Crezzini del Dipartimento di Scienze Fisiche, della Terra e dell’Ambiente dell’Università di Siena.

I reperti delle Grotte di Pradis continuano dunque a fornire nuove informazioni, rappresentando un evidenza eccezionale di caccia perpetuata dai gruppi nomadi di cacciatori-raccoglitori che sistematicamente ritornavano l’altopiano durante le bella stagione per cacciare questa particolare risorsa.

Ultima modifica: 26 Agosto 2020